Lo studio è stato realizzato da Uniocamere nazionale in collaborazione con Si.Camera.
Reggio Calabria, 27 Aprile 2020. In vista della progressiva riapertura delle attività economiche e dell'avvio della Fase 2 dell'emergenza Covid-19, Unioncamere nazionale, in collaborazione con Si.Camera – Sistema Camerale Servizi, ha elaborato un modello di stima dei profili di rischiosità delle attività ad oggi autorizzate e di quelle sospese dai recenti DPCM del Presidente del Consiglio, elaborando anche un indicatore di rischiosità medio su base territoriale, in ragione delle diverse specializzazioni produttive che caratterizzano le province italiane.
La stima è stata realizzata sulla base di dimensioni essenzialmente riconducibili al grado di interazione diretta con il prossimo (colleghi, clienti, pazienti) che ciascuna figura professionale registra per lo svolgimento ordinario delle mansioni di competenza, basandosi sull’assunto che il rischio patologico si manifesti nella misura in cui una data professione contenga, tra i requisiti richiesti per svolgerla, alcuni “meccanismi procedurali” che – senza adeguata protezione - espongono inevitabilmente ad un potenziale contagio.
Lo studio evidenzia che vi è un elevato rischio nelle professioni scientifiche e tecniche (0,66), che include le professioni sanitarie, mentre gli artigiani e gli operai specializzati e gli agricoltori mostrano un indice di rischiosità molto basso (0,04).
Aggregando i valori di rischiosità delle professioni per settori di attività economica in cui esse operano, emerge che i servizi primari alle persone (soprattutto per effetto della sanità) associano ad un’alta strategicità anche livelli elevati di rischiosità (0,90). Altri settori caratterizzati da un valore medio elevato sono la Pubblica Amministrazione – che include anche la difesa - (0,61) e i servizi collettivi e personali (0,55). Ad un livello intermedio si colloca la filiera turistica (0,40), le attività finanziarie ed assicurative (0,37) e le altre attività dei servizi (0,31). Il commercio registra un valore di rischiosità di 0,20, anche se al suo interno si registrano livelli maggiori per il commercio al dettaglio (0,24) e minori per quello all’ingrosso (0,18), il che deriva essenzialmente dalle diverse frequenze di contatto con il pubblico che le due attività osservano. Una minore rischiosità è infine associata all’agricoltura (0,07) e alle costruzioni (0,13), così come alle attività dell’industria in senso stretto (0,16).
Lo studio evidenzia una maggiore rischiosità per le Regioni del Mezzogiorno, per effetto della maggiore caratterizzazione di attività del settore terziario (servizi diretti alla persona, ristorazione, turismo) e minor presenza delle attività industriali, come visto caratterizzate da una minore rischiosità.
Con riferimento alla Città metropolitana di Reggio Calabria, considerando le imprese non ancora autorizzate, si evidenzia un indice di rischiosità medio pari a 0,309, superiore al dato medio nazionale di 0,297. Considerando invece l'intera economia, ovvero includendo anche quelle attività già autorizzate in quanto ritenute essenziali, Reggio Calabria si colloca leggermente al di sotto del dato medio nazionale con un indice pari a 0,357 a fronte di un indice medio Italia di 0,367.
“Sebbene le misure di emergenza messe in atto abbiano consentito di contenere a Reggio Calabria il contagio da Covid-19 - ha dichiarato il Presidente della Camera di commercio Antonino Tramontana - le considerazioni emerse dallo studio, evidenziano la necessità di non abbassare il livello di attenzione e di intervenire anche territorialmente affinché gli operatori siano messi in condizioni di attivare tutte le misure di protezione necessarie a contenere il rischio di contagio. Anche alla luce della tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della Covid-19, presentata il 15 aprile dai Presidenti del Consiglio europeo e della Commissione europea, nonché della necessità di costruire un piano europeo di rilancio globale e di investimenti straordinari, il documento può contribuire a fornire ulteriori elementi di valutazione al decisore politico per la determinazione di livelli di priorità di interventi e si qualifica come documento integrativo alle valutazioni prodotte dalle Amministrazioni centrali e dagli Organismi tecnici deputati”.
Lo studio evidenzia che a Reggio Calabria, come per il resto della Penisola, le maggiori criticità si associano alle classi di età maggiori, se si guarda al complesso delle attività economiche. Basti pensare come il rischio si attesti a 0,238 per la fascia di età compresa tra 25 e 34 anni e 0,483 per coloro che registrano un’età pari o superiore ai 65 anni.
Tuttavia, gli equilibri si invertono se si considerano solo le imprese non ancora autorizzate, probabilmente per esclusione di quelle professioni mediche che sovrappopolano le fasce di età lavorative più avanzate.
L'analisi offre, infine, una valutazione di genere, evidenziando una maggiore rischiosità per le donne (0,483 contro 0,283 dei maschi), in linea con le tipologie di attività lavorative svolte, spesso a maggior contatto con l’utenza.